Magia: Conosci la differenza tra
invocazione ed evocazione?
Cosa trovi nell'articolo
- Cosa si intende per Evocazione
- Cosa si intende per Invocazione
- Psicologia e Magia
- Maghi e Scienziati
Cosa si intende per "Evocazione"
Essendo addentro al mondo esoterico da tanto tempo, spesso diamo per scontato che per molti rimane un mondo oscuro e poco chiaro.
Ciò che spaventa molti è proprio questa aura oscura, poi varchi quella porta e ti rendi conto che è una dimensione piena di Luce. Il che non nega le ombre, presenti come in ogni cosa umana, solo ti permette di comprendere dove sei, cosa fai e come e cosa farne per il tuo benessere (e di coloro che ami)
Cominciamo a fare un po’ di luce allora, partendo da questi due termini.
EVOCARE: dal latino ex-vocare, cioè “chiamare fuori”.
Con questo termine si intendono una serie di operazioni che mirano a creare una comunicazione con entità spirituali all’esterno di sé, comunicazioni basate sui sensi (vista, udito, olfatto, ecc…), un po’ come se si invitasse qualcuno nel proprio giardino di casa. Tradizionalmente può essere attuata in diversi modi, anche coercitivi nei confronti dell’entità richiamata.
Questo tipo di pratica non richiede alcun tipo di contatto con l’entità, che solitamente è confinata in spazi ben delimitati (o almeno è saggio assicurarsi sia così). Queste pratiche sono anche quelle che normalmente vengono associate all’esoterismo in modo fantasioso e distorto dal volgo che ignora (ignorante).
Dal punto di vista psicologico l’evocazione è una modalità per entrare in contatto con la dimensione che in termini junghiani è detta dell’ombra, mantenendo una giusta distanza da quell’aspetto spesso non pienamente consapevole di sé. In tal modo è possibile osservarlo, diventarne più coscienti, gestirlo dal punto di vista emotivo o semplicemente utilizzarlo.
Cosa si intende per "INVocazione"
INVOCARE dal latino in-vocare, “chiamare dentro”.
Con questo termine si intendono quelle attività e operazioni (rituali se parliamo di Alta Magick), per chiamare dentro di sé il Divino, un suo “emissario” (angelo) o una sua declinazione (ad esempio una divinità di un pantheon politeista). Lo scopo è entrare in comunione con questa dimensione divina, assorbirne le qualità e, volendo, influenzare la realtà grazie a queste nuove qualità. Grazie all’invocazione il Mago opera come se fosse il Divino o la creatura spirituale che interviene per suo conto.
Questo tipo di pratica è il presupposto per poter effettuare la precedente (evocazione), perché è grazie ai poteri divini che il mago opera e vincola o comanda le entità evocate. Nulla che derivi dal suo ego quindi, uno dei presupposti per praticare magia in modo efficace e funzionale.
Inoltre – e qui sta il segreto – la continua invocazione eleva e purifica l’operatore magico, generando nel tempo trasformazioni profonde e un aumento esponenziale di consapevolezza, padronanza e armonia. Oltre alla capacità di cogliere intuitivamente le leggi che governano il mondo.
Questo è “portare il divino nella materia”, a cui abbiamo accennato a volte, oltre che nella pagina di Magiteck.
Dal punto di vista psicologico, invocare significa potenziare e vivere le dimensioni più elevate di noi, con le quali ordinariamente non ci identifichiamo e alle cui aspiriamo per vivere in modo più felice, più congrui e padroni di sé*.
PSICOLOGIA E MAGIA
* Perché quegli asterischi nei paragrafi precedenti?
Perché per molti Maghi il cosiddetto “psicologismo”, cioè il ricondurre le esperienze e i fenomeni magici alla sola dimensione psicologica e soggettiva… è un abominio.
Di certo, lo psicologismo ha un senso storicamente, perché nel secolo scorso ha permesso di rendere le pratiche magiche più accettabili e comprensibili ad un grande pubblico (pensiamo a certi spunti di Israel Regardie), cosa che permette di fare ancora oggi per chi si approccia da una mentalità più materialista o accademica (in senso tradizionale). Come dicevamo, per alcuni maghi e in particolare a chi si rifà alle tradizioni dei grimoires rinascimentali, nulla è interno o creazione mentale, e ciò con cui il mago interagisce è reale, dotato di personalità (a volte) e natura proprie.
Alcuni ricercatori in campo magico invece, oscillano tra l’interpretare i fenomeni magici (nota bene, fenomeni, dal greco φαίνομαι, phàinomai, apparire o mostrarsi) come realtà oggettiva oppure pura creazione o proiezione mentale, senza prendere davvero una parte. Altri semplicemente cambiano idea, anche più volte.
MAGHI E SCIENZIATI
A livello pratico, non ci interessa poi così tanto, ciascuno ha la libertà di scegliere che significato dare alle proprie esperienze, anzi questo è il senso della ricerca. Il percorso magico è soggettivo per antonomasia, state al largo da chi vi propone La Verità.
Il consiglio è di non dare mai nulla per scontato, di essere molto umili e per quanto possibile “scientifici”. Scientifici in senso empirico, cioè raccogliere dati e formulare modelli senza scadere nella fede a priori, anzi mettendo costantemente questi modelli alla prova della realtà (percepita).
Uno degli aspetti fondamentali di Magiteck è proprio questo “addestramento” a distinguere, per procedere con passi solidi lungo la propria strada, anche da soli. Questo aspetto va coltivato in Malkuth, cioè nel mondo fisico.
Sempre a livello pratico, rimane utile parlare in termini psicologici perché ogni esperienza spirituale è anche psicologica e dal punto di vista soggettivo occorrono strumenti per assegnare significati e rendere ciò che accade osservabile e… “elaborabile”.
Come dice Lon Milo DuQuette:
“è tutto nella tua testa, solo che non sai quanto è grande la tua testa”
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Autore
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è un Trainer di PNL, un Ipnotista e un Mago Cerimoniale. Ha dedicato la propria vita ricca di sfide, esperienza e ricerca allo sviluppo dell’essere umano spaziando dallo studio accademico, alle discipline marziali, allo sciamanesimo, alla programmazione neurolinguistica e all’esoterismo occidentale. Ora il suo impegno è rivolto a supportare chi desidera trovare la propria connessione privilegiata con la dimensione spirituale per vivere una vita piena.
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